Il messaggio
di papa Francesco sulla nonviolenza come stile di una politica di pace è stato
annunciato pubblicamente mentre la città di Aleppo in Siria è stata riconquista
dalle truppe di Assad, alleate della Russia.
Un fatto, quest’ultimo, salutato
da molti come una liberazione dal dominio delle forze integraliste prevalenti
tra i ribelli. Qui il video della festa nel settore cristano armeno della città.
Per anni
parte dei media italiani hanno spinto, invece, ad un intervento più diretto
degli Usa e dei suoi alleati contro Assad.
Su quel
Paese si è abbattuta la violenza inaudita di una guerra azionata da interessi
strategici risalenti ai principali attori internazionali.
Sta di fatto
che il messaggio prevalente è quello dell’intervento armato come necessario per
ristabilire un ordine di pace e di giustizia, con l’esempio storico della lotta
armata necessaria contro Hitler.
La questione della nonviolenza si pone di solito con riferimento alla risposta di coloro che sono oppressi.
Era la domanda che agitava la
coscienza di Camillo Torres,
sacerdote colombiano di ottimi studi universitari a Lovanio in Belgio,
fondatore della scuola di sociologia nel suo Paese come strumento non solo di
analisi ma di conoscenza per cambiare il mondo.
Davanti allo
strazio e allo sfruttamento dei poveri, Camillo decise di imbracciare il fucile
rimanendo ucciso nel lontano 1966 il primo
giorno della sua militanza guerrigliera. Un percorso che ricorda i racconti della Resistenza.
Una morte prevista e prevedibile come quella di Guevara, nel 1967, esercitando il fascino di una coerenza estrema e definitiva seguita da molti in quegli anni:Il testamento di Camillo Torres è stato messo anche in musica.
La scelta della nonviolenza arriva da chi prova non tanto l’indifferenza e l’assuefazione al male ma uno sdegno profondo e radicale che muove all’azione.
Una morte prevista e prevedibile come quella di Guevara, nel 1967, esercitando il fascino di una coerenza estrema e definitiva seguita da molti in quegli anni:Il testamento di Camillo Torres è stato messo anche in musica.
La scelta della nonviolenza arriva da chi prova non tanto l’indifferenza e l’assuefazione al male ma uno sdegno profondo e radicale che muove all’azione.
Bisogna porsi quindi seriamente davanti all’opzione della nonviolenza, senza moralismi e omissioni, a partire dalla crudezza della domanda aperta dal terrore esercitato dal fanatismo ossessivo come dal sistema costruito dall’ “economia che uccide”.
A proposito
della scelta di Camillo Torres, circola da tempo questa testimonianza di un suo
lungo colloquio notturno avvenuto con Jean
Goss e Hildegard Mair, esponenti in prima linea del Movimento internazionale
per la riconciliazione (Mir).
Un pezzo
di storia da ascoltare che registra il punto di vista di questa coppia
europea di pacifisti radicali in missione nell’America Latina rovente di quegli
anni dove i regimi mettevano in pratica le tecniche di tortura apprese nella “Scuola delle Americhe” di Panama
finanziata dai governi statunitensi.
Camillo
Torres fu il primo prete dell'avanguardia cristiana che incontrammo in America
Latina. Egli era all'epoca cappellano
studentesco all'Università statale e insegnava sociologia. Dato che era molto
occupato, riuscimmo a fissare un colloquio con lui solo poco prima della nostra
partenza.
Il colloquio, però, riempì una notte intera.
Camillo srotolò di fronte a noi la
totalità delle strutture dell'ingiustizia, dell'oppressione, dello sfruttamento
e della dipendenza nella società e nella Chiesa della Colombia e di tutto il
continente, mostrandoci i bisogni e le sofferenze del popolo.
Dichiarò che aveva cercato il dialogo con
la classe dirigente e con la gerarchia, ma che era impossibile.
La Colombia aveva una lunga storia
di "violencia". Concluse con queste parole: “Non vedeva alla fine
nessun'altra possibilità se non quella della rivoluzione”.
Fummo molto impressionati da questo sacerdote, che lottava per la giustizia con tutte le fibre del suo cuore e della sua volontà.
Jean
replicò: “Come francese ti comprendo molto bene. La nostra rivoluzione nel nome
della libertà, dell'uguaglianza e della fraternità ha ispirato molti popoli. Ma
che cosa si fa, effettivamente, in una rivoluzione, in una guerra? Diciamo
apertamente la verità: si uccide!
Anch'io ho combattuto con forza contro Hitler. Chi ho ucciso? Hitler, i dirigenti del partito? No, semplici cittadini tedeschi, che erano costretti a prestare servizio nell'esercito del dittatore
Tu farai lo stesso: ucciderai il
popolo, uomini del popolo che, costretti dal bisogno o dal regime, verranno
spediti contro la guerriglia, contro di te!
Camillo, chi dovresti uccidere, se fossi coerente? I tuoi genitori, dato che tu provieni dalla classe alta, poi i tuoi compagni di scuola, che sono diventati dirigenti politici ed economici, generali, vescovi...”.
Camillo
Torres era colpito, taceva.
Poi proruppe in una domanda
bruciante, che proveniva dal profondo della sua coscienza e del suo cuore e che
sentimmo ancora molte volte: “Jean, come
si può essere fedeli al popolo sofferente ed alla sua liberazione ed, al tempo
stesso, al Vangelo dell'amore di Gesù, che rispetta anche i nemici?”.
“C'è solo una strada, Camillo: mettere in pratica la radicalità del vangelo, cioè la forza liberatrice della nonviolenza di Dio”.
Continuammo a parlare fino alle prime ore del mattino su questa forza e sulla sua pratica. “Nessuno ci ha insegnato la nonviolenza di Gesù, né in seminario in Colombia, né all'Università cattolica di Lovanio. Restate qui, lavorate con noi, forse potremo trovare insieme questa strada!”.
Esitammo,
pensammo di avere ancora molto da imparare per un simile compito. Sbagliammo?
Camillo Torres, spinto dalla
convinzione di dover attuare rapidamente cambiamenti rivoluzionari, proseguì la
sua lotta. I vertici ecclesiastici rifiutarono il dialogo, i suoi collaboratori
si staccarono da lui, non ritenevano maturi i tempi.
Alla fine egli si unì da solo alla guerriglia.
Solo poche settimane
dopo, il 15 febbraio 1966, fu ucciso dalle forze di pubblica sicurezza. Rimase
un modello per molti cristiani impegnati, soprattutto per molti preti. Camillo
Torres è rimasto fedele fino all'ultimo alla sua coscienza.
Dato che non conosceva l'alternativa, egli dovette scegliere con consequenzialità la resistenza armata. La Chiesa, che non insegnava la nonviolenza di Gesù, ha un'enorme responsabilità. Spesso ha spinto i suoi migliori sacerdoti e laici alla lotta armata.
La teologia dell'uso giustificato della violenza che gli era stata insegnata poteva avere valore per lui solo a fianco degli sfruttati.
Dato che non conosceva l'alternativa, egli dovette scegliere con consequenzialità la resistenza armata. La Chiesa, che non insegnava la nonviolenza di Gesù, ha un'enorme responsabilità. Spesso ha spinto i suoi migliori sacerdoti e laici alla lotta armata.
(Da “Come i
nemici diventano amici” di J. Goss e H. Mayr)
fonte blog Adesso su Città Nuova