domenica 6 novembre 2016

Non violenza e uso della forza



Confronto con Renato Sacco Pax Christi 

La scelta cosiddetta “pacifista” o “non violenta” è incompresa perché facilmente banalizzabile. Ad esempio le critiche sulla politica degli armamenti presuppongono la prospettiva di un necessario disarmo anche unilaterale?  Oppure possono accettare una politica di difesa in linea con la costituzione non determinata dagli interessi delle lobby industriali? 


Siamo in un tempo in cui si tende molto a semplificare, e poco ad approfondire. Si usano espressioni “pacifismo di vecchio stampo”  come ha fatto recentemente l’ex presidente Napolitano. I tempi dell’Isis vengono usati per giustificare l’uso delle armi; oggi conta il realismo, si dice, ma la realtà è molto più complessa. Esiste un rischio di sminuire tutto non affrontando la realtà nella sua interezza perché l’esistenza del Daesh viene agitata per giustificare la guerra da parte di certi governi che poi permettono – e promuovono - la vendita delle armi ai gruppi terroristici. E’ un dato ufficiale che l’Italia venda armi all’Arabia Saudita. Così come è ufficiale che l’Arabia Saudita sostenga l’Is. Parlare di disarmo non è un vuoto idealismo  ma l’unico realismo possibile davanti a coloro che coprono interessi nascosti. La storia recente ce lo spiega con abbondanza di particolari prendendo ad esempio l’inchiesta sulla strage dell’11 settembre a New York che non ha sfiorato la evidente  presenza dei sauditi e il loro coinvolgimento, lasciandoli così indenni da ogni ritorsione. Per tornare al realismo, invito a ricordare l’urgenza invocata da papa Benedetto XVI, commentando la prima lettura (Isaia 9,1-6) nella messa della notte di Natale del 2010:“Signore, realizza totalmente la tua promessa. Spezza i bastoni degli aguzzini. Brucia i calzari rimbombanti. Fa che finisca il tempo dei mantelli intrisi di sangue. Realizza la promessa: La pace non avrà fine».

 

Ma certe volte non occorre l’intervento armato? Prendiamo ad esempio Bonhoeffer, grande teologo sostenitore della scelta di pace dei cristiani ma risoluto nel preparare l’attentato, poi fallito, a Hitler. Oppure l’appello di Alex Langer per porre fine alle stragi nell’ex Jugoslavia o l’esempio attuale delle donne curde che lottano in armi contro l’esercito dell’Isis…

«Non voglio rispondere in modo presuntuoso, perché non mi sono mai trovato in una situazione estrema di grave pericolo, ma ricordo quanto ha detto il vescovo ausiliare di Sarajevo, mons Pero Sudar: “Riconosco di essere stato convinto anch’io che l’uso della violenza sia utile e necessario quando si tratta della libertà dei popoli. Dopo aver visto e vissuto da vicino che cosa vuol dire la guerra di oggi, non la penso più così. Sono profondamente convinto, e lo potrei provare, che l’uso della violenza ha portato sempre un peggioramento.”
Ad ogni modo leggendo il tempo attuale, un intervento, al limite, deve essere portato avanti da una autorità internazionale,  legittima come avviene quando si chiama la polizia nelle nostre città e non si affida il ristabilimento dell’ordine chiamando un clan contro l’altro. Il problema è che l’Onu viene sistematicamente screditata a vantaggio della Nato che è l’espressione di alcuni stati contro altri e non rappresenta per niente la comunità internazionale. La Nato andrebbe perciò smantellata a favore di un’organizzazione come le Nazioni unite che è invece continuamente screditata, oltre che ‘bloccata’ dalle potenze che hanno il diritto di veto, e che sono anche le maggior esportatrici di armi».



Resta tuttavia l’esigenza dell’intervento armato in certi casi…

«Non voglio sminuire la follia dell’Isis, credo sia legittimo assimilarlo al nazismo, penso allo strazio attuale delle donne yazide che ho avuto modo di incontrare nel 2009 in Iraq, ma il primo passo da compiere in questi mesi sarebbe stato coerentemente quello di non vendergli le armi, le automobili e smettere di comprare il petrolio. Non è certo in questo modo che si combatte il terrorismo islamista, se non a parole ed evocando una guerra che copre altri interessi».

Sembrano però accuse generiche …

«Niente affatto. Ad esempio la rivista Mosaico di Pace (promossa da Pax Christi) ha denunciato il coinvolgimento in questi traffici della vendita di armi Italiane all’Arabia Saudita e i nostri interessi ad es. anche con il Qatar che tuttavia è intoccabile per i troppi interessi economici che smuove anche nel nostro Paese. Pensando anche allo sfruttamento dei lavoratori per i mondiali di calcio del 2022 io chiedo di boicottare i Mondiali di calcio in Qatar, è uno strumento di pressione politica possibile e fattibile da parte della società civile».

Rimane tuttavia aperta la questione di come intervenire di fronte alla violenza estrema. Al mistero del male che esiste. Il dilemma affrontato ad esempio nella Resistenza dai “ribelli per amore”, i partigiani cristiani che usarono le armi con un senso del limite sempre incerto. Così se oggi sono costretto ad intervenire in maniera tale da non fare troppi danni, non posso armarmi all’ultimo momento, ma devo investire in tecnologia per gli armamenti. Che fare?

«Non posso certo ignorare i casi strazianti di violazione dei diritti umani, abbiamo citato le minoranze perseguitate in Medio Oriente ma penso alla situazione del Burundi, eccetera. Credo tuttavia che al male, che resta con il suo mistero, non si risponda con altro male. “Occhio per occhio si resta tutti ciechi”. Non si affronta il problema investendo in armamenti ma non alimentando il fuoco già acceso.  Credo che sia necessario bloccare l’economia che sostiene il sistema delle armi, dalle banche alla tecnologia».

Tralasciando la questione della speculazione e degli interessi, alla radice della logica dell’occhio per occhio esiste la consapevolezza che non si può lasciare solo una parte libera di armarsi, altrimenti vince il più malvagio davanti al più ragionevole e mite. È una logica assurda ma il ragionamento tiene…

«Io mi rifaccio all’articolo 11 della Costituzione che ripudia la guerra e alla sapienza del Vangelo che prevede anche di perdere, tenendo conto con realismo, tuttavia, che coloro che hanno usato le armi fino alla bomba atomica non hanno certo vinto. La logica di Gesù non è stata quella di allearsi ad esempio con la setta dei sicari, che neanche più ricordiamo, per abbattere l’impero romano. Io vedo un senso profondo degli eventi. Ad esempio mi diceva l’ex presidente Scalfaro che l’articolo 11 della Costituzione Italiana è stato approvato il 24 marzo, lo stesso giorno (di anni diversi)  delle fosse ardeatine in Roma ma anche del martirio di Oscar Romero e dell’inizio della guerra nell’ex Yugoslavia».

Eppure, come dice Giuliano Amato, ora giudice costituzionale, è proprio l’articolo 11 che legittima, nel secondo comma, l’uso delle armi per ristabilire l’ordine internazionale e il premier Renzi ha tenuto a distinguere Costituzione e Vangelo..

«Infatti sono due realtà che non si possono paragonare, perché il Vangelo guida la coscienza e basta seguire questa per chiedersi se quando è stato fatto l’intervento in Afghanistan  o in Iraq si sia seguito o violato il secondo comma della Costituzione. E così in Libia nel 2011 e, prima ancora, nella ex Yugoslavia nel 1999. Non ci sono mai state le condizioni del secondo comma di consentire «in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni». Viceversa quando esistono certe condizioni come nella repubblica democratica del Congo o in Sarahawi, Sud Sudan… l’Italia resta immobile o sta dalla parte sbagliata. Ora anche nell’intervento in Libia non si sta operando per cercare la pace o i diritti dei popoli ma interessi geopolitici ed economici».

Una politica di difesa va comunque trovata davanti all’abisso dei tanti conflitti in corso, a cominciare dalla Siria…

«Bisogna tuttavia saper dare il nome giusto alle cose. La Nato non fa politica di difesa come abbiamo visto nel caso dell’Ucraina e quindi, come detto, bisogna potenziare l’Onu e non renderlo pericolosamente inutile. Nel nome della Difesa si moltiplicano i costi e si armano tanti eserciti che non hanno ragione d’essere. Si pensi alle forze armate di ciascun Paese europeo che invece dovrebbero concordare una linea comune e non farsi concorrenza per l’appalto dei sistemi d’arma. Si pensi al caso dei caccia F35. Costano circa 130 milioni di euro l’uno. La politica che si persegue non è certo di pace se pensiamo alle basi militari statunitensi ospitate nel nostro territorio dove sono depositate armi nucleari pronte per essere messe in azione con gli stessi caccia F35. Si chiama Difesa e invece è il mantenimento di un costoso apparato che tutela enormi interessi economici o di semplice autoreferenzialità. Quale politica di difesa si può intravedere secondo la Ministro Pinotti  nella vendita di 28 caccia euro fighter al Kuwait se non gli interessi di Finmeccanica?».

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